La
rivalsa degli euroscettici azzurri: «Meno male che noi
abbiamo Berlusconi...»
Gli
euroscettici italiani tornano a mostrare le piume più
belle. Alcuni senza timore di apparire goffi come il direttore
della Padania Gianluigi Paragone che sfoggia addirittura
un invidia per i francesi. « Se fossi stato in Francia
avrei caricato sulle spalle della superba e presuntuosa Europa
una bella croce, una croce sul no. E come me credo tanta gente
in Padania e nel resto d' Italia avrebbe voluto che la Costituzione
europea restasse nell' empireo della carta straccia»,
scrive il quotidiano della Lega. Per lui il voto d’ Oltralpe
mette direttamente in discussione l’ Europa e ciò
è bene.
Francesco
Giro, responsabile nazionale di Forza Italia, incaricato
di tenerer i rapporti con il mondo cattolico invece è
il caso di dire che gli italiani sono fortunati più
dei francesi. Perché hanno un presidente del Consiglio
come Berlusconi, euroscettico della prima ora: è il
caso di confessarlo finalmente. Per Giro il premier italiano
è «l' unico leader ad avere le carte in regola
per fronteggiare gli effetti che avrà questa vicenda
anche in casa nostra, avendo da tempo previsto prima degli
altri le possibili incrinature del progetto europeo di cui
ha sempre condiviso l' impianto ma con assoluto realismo,
proprio perché sapeva che l' Europa per crescere ha
bisogno di consenso e soprattutto di valori forti da condividere
con i suoi popoli». Sandro Bondi, intervistato
alla radio, si permette di dire che il voto francese esprime
«malcontento» nei confronti di «questa Europa»,
quella cioè «della tecnocrazia e delle banche,
che si è allontanata dai padri fondatori». Incurante
del fatto che di padri fondatori azzurri non se n’ è
mai visti e che invece tra i poteri forti….
A
proposito di euroretorica, il presidente della Camera Pierferdinando
Casini non si iscrive tardivamente al partito degli euroscettici,
anche perché non può che rivendicare la ratifica
della Costituzione europea dal Parlamento, ma si concede una
battuta contro «l’ euroretorica che ormai non serve
più». Il Trattato costituzione, lo dice solo
ora Casini, «è frutto di un compromesso al ribasso,
che non ha risvegliato alcun entusiasmo nei cittadini».
E in ogni caso il voto francese va ascoltato.
Per
Fausto Bertinotti «ha vinto l' Europa, ha vinto
l' europeismo di sinistra. Amato, Prodi, Fassino e Rutelli
sono stati sconfitti» perché «quando non
è scritta dal popolo non è una Costituzione».
Così per Francesco Caruso, leader dei Disobbedienti
napoletani, il no francese è una vittoria dei no global.
Perché ha bocciato una Costituzione europea «scritta
nel chiuso delle stanze del potere» e un' Europa «fondata
solo sull' Euro, sulle banche e sui poteri forti», un'
Europa «che sacrifica i diritti sociali sull' altare
dei parametri neoliberisti di Maastricht».
Ma
per Guglielmo Epifani, leader della Cgil, cioè
di uno dei sindacati più grandi d’ Europa, «non
è una buona notizia per il futuro dell' Europa sociale».
Anche se esprime un’ opinione da rispettare.
«Un
voto di paura»: così lo definice Massimo D'
Alema, presidente Ds e europarlamentare. In particolare
sono, secondo D’ Alema, due le paure che manifesta: quella
di perdere i diritti sociali acquisiti, e la paura dell’
allargamento, cioè di dover annacquare l’ identità
europea in un’ Unione più vasta (dove tra l’
altro gli euroscettici prevalgono). «Resta il fatto
– aggiunge - che si è trattato di un colpo all'
unità europea: siamo dinanzi ad un problema serio».
Anche
Giorgio Napolitano, che è presidente del Consiglio
italiano del Movimento europeo, dice che non si può
sottovalutare o ignorare il no della Francia. Ma approva la
linea sin qui seguita dal presidente della Commissione Barroso
di non interrompere il processo di ratifica del Trattato.
«Sarebbe un salto nel buio».
Mentre
per Clemente Mastella dell’ Udeur, il risultato
delle urne di Parigi «induce a riflettere e porta i
governi a stabilire condizioni diverse» per l' Europa.
Anche Mario Landolfi, il colonnello emergente di An,
dice che deve essere rivista, quest’ Europa. Il problema
è vedere in quale direzione. Epifani fa notare che
nel Trattato è recepito il Protocollo di Nizza, che
definisce la cittadinanza come unione indivisibile di diritti
civili e sociali. Si deve buttare anche quello?
La
Francia, Domenico Siniscalco, la vede in chiave Patto
di Stabilità. Ed è contento che si deva ridiscutere
«anche in riferimento all' Italia, e della gestione
delle prospettive di bilancio europee e dell'agenda di Lisbona».
Insomma,
non è ancora morta la vecchia Europa e quella nuova
tutti già la “tirano per la giacchetta"