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ITALIA CRONACA


A Messina: business, Mafia e Al Qaeda
Stupore e allarme nello stretto

L' inchiesta antimafia «Gioco d' azzardo», condotta dalla Dia di Messina e coordinata dalla Procura generale di Reggio Calabria, che ha coinvolto però anche le Procure di Milano e quella messinese, ha portato all'emissione di 16 ordinanze di custodia cautelare. Ai «domiciliari» Giuseppe Savoca, Presidente di sezione del Tribunale civile della cittadina sicula. E' ricercato l' ex sottosegretario al Tesoro, Santino Pagano (Foto) . Una pista porta a Osama Bin Laden


MESSINA - Imprenditori che finanziavano le cosche mafiose, ma anche magistrati compiacenti che, in cambio di un bell’appartamento con vista mare a prezzo stracciato inquinavano le procedure fallimentari favorendo speculazioni edilizie miliardarie, e altri magistrati che svelavano notizie riservate. E poi, investimenti in Polonia per riciclare denaro sporco per centinaia di migliaia di euro. E persino un contatto tra uno degli arrestati con un uomo d’affari ritenuto vicino a Osama Bin Laden.

C’è tutto questo dietro l’ennesima inchiesta antimafia, che questa mattina all’alba ha portato a Messina all’emissione di 16 ordinanze di custodia cautelari, non tutte però andate a buon fine. Sono ancora cinque gli indagati ricercati, tra cui l’ex sottosegretario al Tesoro del Governo Amato, Santino Pagano e due imprenditori.

Un’inchiesta lunga e complessa, condotta dalla Dia di Messina e coordinata dalla Procura generale di Reggio Calabria, che ha coinvolto però anche le Procure di Milano e di Messina. L’indagine, denominata Gioco d’azzardo, era stata avviata nel ’99 dalle Procure distrettuali antimafia di Milano e Messina.

L’INCHIESTA PRENDE SPUNTA DA QUELLA AVVIATA NEL ’93 DAL PM GIORGIANNI

Anche se in realtà prende spunto da un’altra inchiesta avviata nel ’93 dall’allora pm Angelo Giorgianni su un traffico d’armi che fa emergere già i primi nomi tornati oggi a galla. Nel capoluogo lombardo, il pm Zanetti stava indagando su un noto riciclatore di denaro sporco, mentre Messina si occupava dell’inchiesta antimafia.

Ma i nomi erano sempre gli stessi. Alla fine l’indagine è stata condotta dalla Procura generale reggina proprio per il coinvolgimento di magistrati messinesi. Sulla vicenda era emerso due anni fa un conflitto di competenza risolto soltanto dal pronunciamento della Suprema corte di Cassazione. Ecco perchè la Procura generale di Reggio Calabria, in particolare il pg Francesco Neri, coordinato dal Procuratore generale Giovanni Marletta, hanno avocato il procedimento in Calabria. L’indagine, che è tuttora in corso, ha scoperchiato un sistema illecito di connivenze che fanno riscoppiare il verminaio di Messina.

ARRESTATO SAVOCA, PRESIDENTE SEZIONE TRIBUNALE E INDAGATO IL PM BARBARO

Il magistrato arrestato questa mattina, ma rimasto agli arresti domiciliari, è Giuseppe Savoca, Presidente di sezione del Tribunale civile di Messina. Il giudice è accusato di avere aiutato l’imprenditore amico in odor di mafia Salvatore Siracusano, tra gli arrestati di oggi, ad inquinare le procedure fallimentari, «accaparrandosi a costi irrisori - spiegano gli investigatori - grandi operazioni immobiliari».

Savoca avrebbe determinato, secondo quanto ritengono i giudici reggini, il fallimento di società che in realtà potevano essere salvate. Le società venivano poi cooptate da un gruppo dominante di imprenditori a prezzi bassissimi. Una società fallita è stata acquistata persino da un parente del giudice finito in manette. E’ stato, invece, raggiunto da un invito a comparire il pm Vincenzo Barbaro, amico di Savoca, e magistrato della Dda di Messina.

Barbaro, che malgrado l’avviso di garanzia continua svolgere regolarmente il suo lavoro in Procura, secondo gli inquirenti sarebbe «l’anello di congiunzione tra il giudice Giuseppe Savoca, l’imprenditore Salvatore Siracusano e il dirigente di Polizia Alfio Lombardo», anche lui finito in carcere.

A INCASTRARE I DUE MAGISTRATI ALCUNE INTERCETTAZIONI AMBIENTALI

A incastrare i due magistrati ci sarebbero alcune intercettazioni telefoniche ambientali realizzate dalla Dia tra il giugno e il luglio del 2001. Barbaro risulta già indagati da tre anni, ma adesso «ci sono - spiegano gli inquirenti - elementi di prova nuovi». Nei prossimi giorni Barbaro verrà interrogato dai suoi colleghi di Reggio Calabria. Soltanto allora si saprà se verrà sospeso dal suo incarico.

L’interessato allarga le braccia e dice con il sorriso sulle labbra: «Io ho la coscienza a posto e nulla da temere. Aspetto questo interrogatorio in cui chiarirò tutto». Però, dice anche: «Tutta questa situazione ha dell’incredibile». Cauto anche il Procuratore capo di Messina, Luigi Croce: «Prima devo avere notizie ufficiali dai miei colleghi di Reggio Calabria, soltanto dopo potrò dire qualcosa su questa vicenda». Ma non nasconde il suo desiderio: «Sarebbe un bel gesto da parte di Barbaro se da domani si mettesse in ferie?». Barbaro, però, almeno per il momento resto fermo al suo posto al primo piano del Palazzo di giustizia di Palermo.

SI E’ COSTITUITO NEL POMERIGGIO LAMBERTO SAPONE, EX PRESIDENTE DEL CLUB CALCIO CITTADINO

Questi, invece, i nomi degli altri arrestati di oggi: Domenico Paternò, 54 anni imprenditore; Domenico Paternò, 54 anni, commerciante; Antonello Giostra, 62 anni, imprenditore; Salvatore Ramella, 56 anni, impiegato bancario; Antonino Rizzotto, agente immobiliare di 53 anni e Nicolò Ripa, 44 anni, imprenditore. Finiti, invece, agli arresti domiciliari, l’ex Presidente del Messina calcio, Antonio Giovanni Pugliesi, 65 anni, imprenditore e Francesco Munafò, 65 anni, imprenditore. Ai domiciliari anche il dirigente di Polizia Alfio Lombardo.

Nel pomeriggio di oggi si è costituito, invece, alla Dia un altro indagato, Lamberto Sapone, anche lui ex Presidente del Messina Calcio. Continua a essere irrintracciabile l’ex sottosegretario al tesoro Santino Pagano, così come altri due imprenditori di Firenze e di Napoli e una ex dipendente di Salvatore Siracusano in Polonia.

PER LE SPECULAZIONI SI PUNTAVA ALLA POLONIA, DOVE SI REINVESTIVANO I CAPITALI

Dall’inchiesta Gioco d’azzardo viene fuori una Cosa nostra ancora forte che «manifesta - spiegano i magistrati - una strategia che appare estremamente pervasiva per il tessuto sociale, perchè non si accontenta solo di realizzare risorse finanziarie dagli abituali canali illeciti, come le estorsioni e il traffico di droga, l’usura e gli appalti, ma si pone anche l’obiettivo di infiltrarsi nell’economia legale con proprie quote di partecipazione».

Ma come funzionavano le speculazioni in Polonia? I capitali provenienti dall’acquisto di grossi immobili a Messina, «provenienza - dicono gli inquirenti - dei capitali del caln mafioso catanese dei Santapaola», venivano reinvestiti da Salvatore Siracusano in Polonia.

In particolare, a Wrochlan, l’ex Bratislavia.

«In Polonia - spiegano gli investigatori - Siracusano era riuscito a intrecciare rapporti confidenziali con numerosi personaggi importanti del luogo». E a quanto pare persino la magistratura. «Ogni volta che dovevamo arrivare in Polonia - spiegano desolati - Siracusano già sapeva tutto. Non sarà una coincidenza?».

SULLA INTRICATA VICENDA ANCHE L’OMBRA DI AL QAEDA

Poi, i proventi delle attività in Polonia ritonano in Italia, dove l’imprenditore Siracusano riesce a riportare più di un miliardo delle vecchie lire. Grazie sia allo scudo fiscale e altri trucchi del mestiere.

«Ma questa attività - spiegano ancora - potrebbe essere soltanto la punta di un iceberg». Ecco perchè l’indagine prosegue a tutto ritmo. Infine, c’è l’ombra di Al Qaeda che spunta a sorpresa, attraverso una intercettazione telefonica tra l’imprenditore Salvatore Siracusano e un ex assessore di Campione d’Italia. I due parlano di uomo d’affari ritenuto vicino a Osama Bin Laden.

Il suo nome è Youssef Mustafa Nada, ritenuto dal Pentagono vicino al capo del gruppo terroristico islamico. I due parlano di un’indagine avviata sul conto di una società finanziaria, la Al Taqwa, il cui rappresentante era proprio Nada. E qualcuno già parla di nuovi clamorosi sviluppi.

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