RICORSO
CIAMPI SU GRAZIA, "CASTELLI NON PUO' PORRE IL VETO"
ROMA
- Il potere di concessione della grazia e' riservato ''in
via esclusiva al Capo dello Stato'', percio' il ministro della
Giustizia, Roberto Castelli, non puo' rifiutare, come ha invece
fatto, di dar corso alla determinazione del presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, di concedere la grazia ad
Ovidio Bompressi. Di piu': la controfirma del Guardasigilli
e' ''un atto dovuto, che il ministro stesso non puo' rifiutare''.
E' lungo e articolato il ricorso presentato alla Corte Costituzionale
dall'Avvocatura generale dello Stato per conto del presidente
Ciampi, che ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato nei confronti del Guardasigilli.
I tempi di quella che si preannuncia una decisione storica
della Corte non si prospettano brevi (certamente dopo l'estate),
ma il 'verdetto' forse arrivera' quando la Consulta tornera'
al 'plenum' di 15 giudici, con il probabile ingresso di Gaetano
Silvestri, candidato per il centrosinistra, e di Luigi Mazzella,
attuale avvocato generale dello Stato, per la Cdl.
I
giudici costituzionali dovranno innanzitutto prendere in esame
le quindici pagine (piu' altri sette documenti allegati) attraverso
le quali il vice avvocato generale dello Stato, Ignazio Francesco
Caramazza, smonta punto per punto le argomentazioni con cui
il ministro Castelli ha rifiutato, per lettera, il 24 novembre
scorso, di inviare al Quirinale il decreto di grazia per l'ex
di Lotta Continua che gli era stato sollecitato da Ciampi
l'8 novembre. In quella lettera, che ora il presidente chiede
ai giudici costituzionali di annullare, il ministro scriveva
di ''non poter aderire'' alla richiesta del presidente giudicandola
''non condivisibile ne' sotto il profilo costituzionale ne'
nel merito'' e sostenendo che ''la Costituzione vigente pone
in capo al ministro della Giustizia la responsabilita' di
formulare la proposta di grazia''. A questo proposito - aggiungeva
Castelli - ''mi sono sempre ispirato al principio di eguaglianza
che, nel caso di specie, per quanto riguarda la mia valutazione
personale, non mi pare sia soddisfatto''.
Per il Quirinale il Guardasigilli ha cosi' violato gli articoli
87 della Costituzione (poteri del Capo dello Stato) e 89 (controfirma
ministeriale sugli atti del Presidente).
'CONCESSIONE
GRAZIA ESULA DA VALUTAZIONI POLITICHE'. In primo luogo
- scrive l'Avvocatura generale dello Stato - la 'ratio' ''umanitaria
ed equitativa'' della grazia fa si' che la sua concessioni
esuli ''del tutto da valutazioni di natura politica, e tanto
meno puo' essere riconducibile all'indirizzo politico della
maggioranza di governo''. E' invece ''naturale'' - viene aggiunto
- che ''l'esercizio di un potere di tale elevata e delicata
portata venga riservato in via esclusiva al Capo dello Stato,
quale organo rappresentante dell'unita' nazionale''.
'QUANDO
NON C'E' ACCORDO PREVALE IL CAPO DELLO STATO'. Il compito
del Guardasigilli - si afferma nel ricorso - e' quello di
collaborare con il Capo dello Stato nelle varie fasi del procedimento
di grazia. Insomma, Castelli e' ''sicuramente titolare di
poteri istruttori ma questi non possono che concludersi, al
piu', con una valutazione. In base al principio di leale collaborazione
tra le istituzioni, egli esprime il proprio parere al Presidente
della Repubblica'' cosi' da ''pervenire a un provvedimento
condiviso''. Se pero' non c'e' condivisione, ''la volonta'
prevalente e quindi la decisione finale non possono che essere
quelle del titolare del potere costituzionale di grazia, e
cioe' del Presidente''.
'IL
GUARDASIGILLI NON PUO' PORRE UN VETO, NE' PRIMA NE' DOPO'.
''Se si riconoscesse che la proposta del ministro e' essenziale
per avviare una procedura di grazia, si attribuirebbe al ministro
stesso un potere di 'veto' assoluto sull'esercizio del potere
presidenziale consacrato dall'art. 87 della Costituzione''.
E ancora: la controfirma del decreto di grazia - si legge
nel ricorso - e' ''un atto dovuto'' di Castelli, che il ministro
''non puo' rifiutare'', perche' si tratta di ''atti formalmente
e sostanzialmente presidenziali'' (come ad esempio la nomina
dei giudici costituzionali e dei senatori a vita); atti per
i quali la controfirma ministeriale ha una funzione ''notarile,
di mera attestazione di provenienza dell'atto da parte del
Capo dello Stato, oltre che di controllo della sua regolarita'
formale''.
NEL
RICORSO DI CIAMPI MAI CITATO SOFRI. Il leader di Lotta
continua, anche lui condannato a 22 anni per l'omicidio del
commissario Calabresi, non viene mai nominato nel ricorso.
A differenza di Bompressi, non ha mai fatto domanda di grazia.
Un'istruttoria su Sofri e' stata comunque conclusa (in senso
negativo) da Via Arenula sulla base di quanto chiesto da Ciampi
a marzo 2004. Seppure mai citato, il caso Sofri resta pero'
sullo sfondo. Prova ne e' che nel ricorso si dice esplicitamente
che la decisione della Consulta, ''oltre a dirimere il conflitto
insorto'' sul caso Bompressi, ''verra' ad assumere il precipuo
scopo di fare chiarezza su un punto importante dell' interpretazione
della Costituzione''.
COSA
FARA' CASTELLI? Il Guardasigilli si costituira' o no davanti
alla Consulta per difendere le sue ragioni? Il ministro per
ora prende tempo: ''Non parlo a vanvera. Prima penso'', e preannuncia
che si esprimera' domenica prossima a Pontida. Certo e' che,
se decidesse di farsi rappresentare dinanzi ai giudici costituzionali,
non potra' rivolgersi all'avvocatura generale dello Stato, ma
a un legale del libero foro. I legali di Bompressi hanno gia'
fatto sapere che studieranno la possibilita' di intervenire
davanti alla Corte Costituzionale.