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ITALIA CRONACA


Un' inchiesta del Sole-24 ore e del Financial Times svela la "pista italiana" seguita dagli ispettori delle Nazioni Unite
Lo scandalo 'Oil for food' in Iraq: l' Onu indaga su Formigoni
Secondo le rivelazioni dei due quotidiani, il governatore della Lombardia agiva attraverso la società Cogep

ROMA, 9.2.2005 - La commissione speciale dell' Onu che sta indagando sulle degenerazioni del programma 'Oil for food' ritiene che nella vicenda sia coinvolto anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. E' quanto si apprende da un' inchiesta condotta dai quotidiani Il Sole-24 ore e Financial Times. Secondo quanto riporta oggi il giornale italiano, Formigoni risulta il maggiore beneficiario tra tutti i politici occidentali delle assegnazioni petrolifere segrete a prezzi di favore in cambio del supporto nella campagna contro le sanzioni Onu.

L' elenco dei possibili beneficiari comprende 270 persone di 52 Paesi. E' stato redatto dal ministero del Petrolio di Bagdad e pubblicato nel gennaio dello scorso anno dal giornale iracheno Al Mada. Il Sole-24 ore riferisce di aver contattato Formigoni, che però non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Il governatore della Lombardia, si legge nell' elenco, ha ottenuto dal regime iracheno 'buoni' per 24 milioni di barili. I 'buoni' erano semplici comunicazioni telefoniche o via fax, con le quali gli assegnatari comunicavano alla Somo, la società petrolifera di stato irachena, a quale azienda intendevano trasferirli. A quel punto si creava un documento ufficiale, che veniva inviato all' Onu.

Il programma 'Oil for food' fu creato il 14 aprile 1995, quando il Consiglio di sicurezza approvò la risoluzione 986, con la quale permetteva all' Iraq di vendere petrolio sotto la stretta supervisione Onu. L' obiettivo era fare in modo che gli introiti delle vendite di petrolio venissero utilizzate per l' acquisto di derrate alimentari, medicinali e beni di prima necessità. Invece il governo di Saddam Hussein trovò il modo di aggirare i divieti, e di vendere sottobanco il petrolio a prezzi di estremo favore creando dei fondi neri, che vennero utilizzati in un primo momento per 'ricompensare' politici e opinion-maker di tutto il mondo disposti ad attivarsi in una campagna contro le sanzioni all' Iraq, e in un secondo momento per l' acquisto di armi e comunque per la costituzione di fondi neri a disposizione del regime. A un certo punto Saddam impose su tutti i prodotti esportati in Iraq e sugli acquisti di petrolio una 'tassa' del 10 per cento. Le maggiori società petrolifere rifiutarono di pagarla bollandola come una tangente, ma alcune compagnie più piccole accettarono il ricatto, traendone grandi vantaggi economici.

Tra queste l' italiana Cogep (Costieri Genovesi Petroliferi), "una piccola azienda di prodotti petroliferi raffinati" divenuta dal '98 "interlocutore privilegiato" della società petrolifera di Stato irachena Somo. Come? Il Sole-24 ore e Financial Times sono entrati in possesso di un fax spedito l' 8 giugno 1998 da Formigoni all' ex vicepresidente iracheno Tarek Aziz, nel quale si legge: "Eccellenza, in seguito al nostro incontro a Roma, del quale le sono grato, poiché so che Somo sta firmando i nuovi contratti, mi lasci ricordarle i nomi delle società petrolifere italiane che le ho segnalato: una è la Cogep e l' altra la Nrg Oil. Molte grazie per quello che sarà in grado di fare. Cordiali saluti, Roberto Formigoni". Da due note scritte a mano in arabo risulta che il fax è stato tradotto al ministro del Petrolio e al direttore esecutivo della Somo.

Il titolare della Cogep, Natalio Catanese, ha negato tuttavia che i contratti ottenuti dalla Somo fossero collegati all' intervento di Formigoni. Ma i due quotidiani finanziari sostengono che il primo contratto della Cogep con la Somo non sia stato firmato da un rappresentante della società, ma da un consulente di Formigoni, Marco De Petro, ex onorevole democristiano ed ex sindaco di Chiavari. Anche De Petro nega tuttavia la circostanza. Il governatore della Lombardia si è limitato ad affermare qualche tempo fa di "aver aiutato aziende italiane a fare affari con l' Iraq nell' ambito del programma Oil for food".

Formigoni, appura ancora l' inchiesta, continuò a ricevere "buoni" di petrolio dall' Iraq anche dopo il 2000, quando la Somo offrì petrolio solo a chi era disposto a pagare una 'sovrattassa' del 10 per cento al regime. La natura illegale di questo pagamento risultava dal fatto che tutti i versamenti vennero effettuati su uno speciale conto aperto presso la banca UBS a Lugano, non quello della Paribas a Ginevra autorizzato dal programma 'Oil for food' dell' Onu. Gli incassi del 10 per cento sono serviti a costituire cospicui fondi neri del regime.

Nell' aprile 2004, conclude l' articolo del Sole-24 ore, in una mozione presentata dall' opposizione nel consiglio della Giunta regionale lombarda fu chiesto al presidente Formigoni di rassicurare i cittadini lombardi di non aver fatto "opera di intermediazione petrolifera. Perché ogni opera di intermediazione politica porta con sé vantaggi economici". Formigoni non ha mai risposto. Dopo la pubblicazione dell' articolo odierno, la richiesta di riferire in aula sulla questione è stata ripetuta dal capogruppo Ds in Consiglio regionale, Pierangelo Ferrari. (9 febbraio 2005)
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