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Su RaiUno il 23 e il 24 la fiction sulla primogenita del Duce
Edda Mussolini, figlia ribelle "Una femminista ante litteram"
I ricordi della nipote Alessandra: "Odiava gerarchie e convenzioni.

LA STORIA in versione fiction torna in prima serata su RaiUno. Lunedì 23 e martedì 24 va in onda Edda, un film prodotto dalla Lux Vide e diretto da Giorgio Capitani, che racconta la figura della primogenita di Benito Mussolini e i momenti più drammatici del fascismo, dei quali la donna fu diretta protagonista. Alessandra Martines è Edda, Massimo Ghini è Galeazzo Ciano, Claude Brasseur è il Duce. Con loro, nel cast, anche Ludovica Modugno, Emilio De Marchi, Massimo Ferroni, Lorenzo Majnoni, Sydne Rome.

La storia di una donna discussa e discutibile, forte e intelligente, "forgiata" nel rispetto della virilità esaltata dal padre e, per questo, capace di tenergli testa. Proprio come la ricorda sua nipote, Alessandra Mussolini: "L'ho sempre considerata una femminista ante litteram. Energica, autonoma, non amava le gerarchie, le convenzioni".

Però quel che decideva il padre...
"In realtà lei ha influenzato spesso, e molto, mio nonno Benito. La amava, era la prima figlia, lui la chiamava 'la figlia della miseria' perché era nata quando le condizioni economiche della famiglia erano difficili".

Da figlia della miseria a "figlia ribelle".
"Aveva un carattere da maschiaccio. Ad esempio, costringeva suo fratello Romano, mio padre, a fare delle prove di coraggio, tipo saltare da un tetto a un altro. Ma anche più avanti negli anni, quando ero bambina, si divertiva a terrorizzarmi".

In che modo?
"Aveva un gatto siamese, Pippo. Forastico, diabolico. Io non ho mai amato i gatti, zia Edda lo sapeva. Allora mi diceva: vai a prenderlo nel salone, e portamelo in braccio. Ma attenta, se vedi che abbassa le orecchie, scappa, sennò ti salta addosso e ti azzanna. Io prendevo questo gatto e lo portavo come l'oracolo, con gli occhi puntati su quelle orecchie nel terrore del minimo movimento..."

In casa si parlava delle vicende di cui era stata protagonista?
"Con grande pudore. D'altronde è una tragedia che ha coinvolto i due grandi amori della sua vita, cioè suo padre e suo marito, e mia nonna Rachele".

Con la quale viveva un rapporto difficile.
"Non è vero. C'era conflitto per via del grande amore che zia Edda nutriva per suo padre. Poi però, alla fine, le ha legate un grande affetto. Si sostenevano l'una con l'altra, c'era una comunanza profonda".

In che modo parlava di Galeazzo Ciano?
"Ne parlava di rado. Mia zia non parlava con tutti. Sceglieva le persone, iniziava a raccontare, poi si chiudeva nel silenzio. Faceva sempre così. E non c'era verso di smuoverla. Un pezzo di quella storia si poteva raccontare pubblicamente. Ma un'altra parte, i segreti più profondi, non li sa nessuno".

Riservata o distaccata?
"Entrambe le cose. Detestava le occasioni pubbliche, familiari. Pensi che a Natale diceva sempre che partiva per l'Africa. Ma mica era vero. Telefonavi e ti dicevano: no, la contessa è in Kenya. Invece si chiudeva in casa, così evitava i pranzi e le cene, gli auguri, le telefonate di circostanza".

Lei che idea si è fatta di quella vicenda?
"Difficile dirlo, riguarda la mia famiglia, però è anche Storia... Noi l'abbiamo vissuta in modo diverso. C'è stato un uomo, con il quale mia zia e mio nonno hanno avuto grande intimità, che si è rivelato un altro. Galeazzo ha avuto le sue responsabilità, ha deciso una cosa, ha cambiato idea, ha fatto quel che ha fatto. E' stato l'ultimo atto di un periodo".

Ma sua zia, alla fine, ha capito, ha accettato?
"Ha continuato per sempre a farsi chiamare 'la contessa Ciano'. E questo significa qualcosa, l'attaccamento alla figura del marito, fino all'ultimo, nonostante tutto. Dà la misura della sua scelta".

Un bel caratterino.
"Era anomala. D'altronde, le donne della mia famiglia sono tutte anomale. Io mi ci riconosco in pieno".

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