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ITALIA POLITICA


GOVERNO: TERMINATO VERTICE MAGGIORANZA

ROMA - Silvio Berlusconi e' deciso a non aprire la crisi e ad andare avanti anche a costo di subire alle spalle la pugnalata di Follini, un vicepremier - dicono i fedelissimi del Cavaliere - in preda ormai alla ''sindrome di Cassio''.

C' e' in questa immagine, evocata dall' azzurro Crosetto, tutta la drammaticita' delle ultime ore: l' Udc reclama la crisi e un nuovo governo, chiede agli alleati di ''scommettere su novita' e cambiamento'' (parole di Follini). In caso contrario i ministri centristi sono pronti alle dimissioni. Domani la Direzione potrebbe decidere in questo senso a larghissima maggioranza.

Ma Berlusconi e' pronto a correre il rischio. Ha paura di una crisi al buio, fa sapere La Russa. Il motivo e' semplice: come spiega il forzista Osvaldo Napoli, gli si chiede di passare sotto le forche caudine delle proprie dimissioni, senza nessuna garanzia di uscirne rafforzato. Anzi, il pensiero del Cavaliere corre in direzione opposta: la crisi parlamentare azzererebbe il programma, rischierebbe di mettere in discussione anche le riforme e la devolution e di fare esplodere la dissidenza leghista.

Dalla padella nella brace, insomma. Con la seria prospettiva che, in una situazione di sostanziale ingovernabilita', Ciampi possa imboccare la via del governo istituzionale, magari affidato a Casini. Un pensionamento del berlusconismo, in altre parole, e un anticipo della rivoluzione che potrebbe subire il centrodestra nella prossima legislatura.

Cio' spiega perche' Fini abbia preso le distanze da Follini e De Michelis, i due leader favorevoli al Berlusconi-bis, proponendo una sorta di mediazione: il premier presenti alle Camere un nuovo programma centrato su famiglia, impresa e sviluppo e su questo si voti la fiducia. Carta bianca della destra sul cambio di alcuni ministri, e disco verde alle riforme a condizione che ci sia la garanzia di svolgere il referendum confermativo solo dopo le politiche.

Un programma che non accontenta l' Udc e il Nuovo Psi, convinti che in questo modo si prolunghi soltanto l' agonia della maggioranza. Dietro questo scontro, s' intuisce un' incrinatura profonda dell' attuale bipolarismo fortemente personalizzato nei due leader (Berlusconi e Prodi). Ma con quali prospettive?

Tremonti ha detto chiaro che Berlusconi non vede alle sue spalle possibili successori (''non c' e' un Van Basten in panchina''). Ma questo e' un limite politico della Cdl, piu' che una giustificazione. In qualche modo da' ragione all'analisi dell'opposizione che parla della fine di una fase di cesarismo, di un travaglio del dopo-Berlusconi che si sarebbe gia' aperto con uno scontro di tutti contro tutti. La scommessa del Cavaliere, confermata da Tremonti, e' che alla fine si possa giungere a un punto di mediazione; quella di Follini e De Michelis, invece, che dal lavacro della crisi possa sorgere quel ricambio politico che il premier, clamorosamente, ritiene non esista nell'attuale maggioranza di governo.

L' altro punto interrogativo e' se Berlusconi si debba comunque dimettere nel caso l' Udc abbandoni il governo, pur continuando a garantire l'appoggio esterno. Era un' ipotesi spuntata anche nel corso della precedente crisi. Senza i voti Udc, Berlusconi non avrebbe piu' la maggioranza al Senato e un margine risicatissimo alla Camera.

L' ex Capo dello Stato Cossiga ritiene che il premier sarebbe comunque tenuto alle dimissioni, anche perche' cambierebbe la natura politica della maggioranza. Lo staff del Cavaliere e' invece di avviso contrario: il tentativo sarebbe comunque quello di andare avanti in quell'ottica minimalista che ha guidato tutte le ultime mosse del Cavaliere. Sono stato eletto per una legislatura e intendo finirla completando il programma, sarebbe il ragionamento di Berlusconi. Siano poi gli elettori a giudicare.

Naturalmente uno scenario di questo tipo suscita nell' opposizione il piu' grande allarme. Rutelli denuncia che la Cdl e' ostaggio di Bossi, il vero azionista di riferimento pronto a tutto pur di non rinunciare alla devolution. E Prodi dice che c' e' bisogno di governo e invita quanto prima Berlusconi a un passaggio parlamentare perche' la crisi economica richiede risposte immediate. Ma sullo sfondo, come ammette lo stesso Tremonti, l' ombra delle elezioni anticipate non e' stata scacciata: se a Berlusconi dovessero mancare i voti, spettera' a Ciampi valutare un eventuale ricorso alle urne.

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