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Italiani all' estero - STATI UNITI


Il patronato, gli anziani italo-americani di New York e la manifestazione del 3 aprile
ROMA - Una recente occasione di lavoro ha portato una delegazione guidata dal Presidente dell' Inas, Panero, a incontrare a New York i responsabili e gli operatori sociali del patronato. Un' opportunità che abbiamo utilizzato non solo dal punto di vista della verifica della funzionalità delle nostre strutture, in rapporto alla crescente e diversificata domanda di tutela, di rappresentanza e di assistenza che svolgiamo nei confronti dei connazionali; ma anche per registrare le nostre sensibilità e partecipare così, con più efficacia, a quel concerto di attività sinergiche finalizzate a valorizzare l' identità italiana nel mondo e il valore aggiunto che tale presenza può dare nella prospettiva di civilizzazione del XXI secolo.
E' in questo scenario complessivo che vorremmo mettere a fuoco un solo fotogramma che a noi pare significativo per quei valori di solidarismo e di personalismo comunitario che stanno a fondamento di un' organizzazione di lavoratori come la nostra, e che vogliamo coltivare e promuovere come patronato.
Intendiamo parlare della condizione dei più anziani e fragili tra i connazionali italo-americani, in special modo di quelli non più autosufficienti, ricoverati presso le strutture assistenziali e socio-sanitarie nella metropoli atlantica e nei vasti territori degli Usa.
Si tratta di connazionali in difficoltà non solo dal punto di vista economico ma ancora di più da quello culturale, psicologico ed emotivo. Gente che "non ha fatto fortuna" e che non ha mai partecipato alle convention che celebrano (giustamente: sia detto senza ironie) i successi di chi ha meritatamente sfondato nei campi delle professioni, della politica, dell' impresa, della cultura o dello spettacolo, guadagnando posizioni d' onore in una società altamente competitiva com' è quella americana. Si tratta invece di vecchi emigranti che spiccicano a fatica qualche storpiata parola di slang e che dunque non sono in grado di esternare (tanto meno di imporre) le loro esigenze e di reclamare i loro diritti umani e sociali.
Ecco un campo in cui la nostra esile e frammentaria azione di patronato e la generosa dedizione del volontariato cristiano, avrebbero bisogno di trovare al loro fianco mani e cuori più forti, innanzitutto all' interno della nostra comunità (non parliamo, per carità di patria, della storica assenza delle strutture istituzionali pubbliche, in cronico deficit non solo di risorse finanziarie, di uomini e mezzi ma anche di quella "cultura di servizio" che mai è rientrata nelle materie d' obbligo della burocrazia italiana).
Ma l' appello ai segmenti forti delle nostre comunità si rivolge anche verso "povertà" meno evidenti: Ci riferiamo, ad esempio, ai tanti "circoli paesani" (ne abbiamo visitati alcuni) nei quali i nostri vecchi emigranti coltivano ricordi, usi e culti religiosi che sono preziose ed umili reliquie di memorie di antichi borghi meridionali, abbandonati oltre mezzo secolo fa. Queste "isole" non debbono rimanere chiuse in se stesse ma vanno delicatamente aperte ad un flusso vitale che faccia circolare nuovi sentimenti di solidarismo oltre che di identità. Pena l' estinzione per cause naturali, nel giro dei prossimi anni.
Questa immissione di amicizia lo abbiamo costatato di persona - troverebbe una calda accoglienza. E' stato, per esempio, commovente per noi "fare del sindacalismo" tra alcuni, anziani lavoratori italo-americani e informarli della grande manifestazione che le organizzazioni dei pensionati stanno preparando per il 3 aprile a Roma, proprio per reclamare oltre che assegni più dignitosi, quei "fondi per la tutela della non autosufficienza" che debbono essere il segno concreto del solidarismo collettivo, verso i più deboli; e ricevere in cambio, messaggi di adesione da chi parteciperà alla manifestazione di Roma con una forza dello spirito che supererà ogni barriera ed ostacolo fisico!
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ITALIANI ALL' ESTERO
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