Il
2003 è stato dichiarato anno mondiale dell' acqua e il
22 marzo è la giornata mondiale. Il dominio delle Tre
sorelle.
Al vertice di Johannesburg 2002 sullo sviluppo
sostenibile, la montagna partorì il topolino: dopo molte
discussioni e infiniti compromessi, si è concordato l'obiettivo
di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che non hanno
accesso all'acqua. Ottimo intento: ma come e con quanti
soldi? Soprattutto: i soldi di chi? Intanto l'Unicef il 10 marzo
ha comunicato che 1 milione 600 mila bambini muoiono ogni anno
nel mondo a causa di malattie riconducibili all'acqua contaminata.
2003: ANNO MONDIALE DELL'ACQUA - Il tema
acqua, quindi, è fondamentale (al prossimo G8 Chirac
l'ha voluto all'ordine del giorno) e l'Onu ha dichiarato il
2003 anno internazionale dell'acqua e il 22 marzo
giornata mondiale dell'acqua. In Giappone dal 16 al 23 marzo,
tra Kyoto, Shiga e Osaka, si tiene il terzo forum mondiale
dell'acqua per fare il punto delle azioni intraprese e gettare
le fondamenta del percorso futuro. Ma molte organizzazioni non
governative antiglobaliste hanno indetto a Firenze un controforum
per il 21 e 22 marzo per proporre soluzioni alternative
agli attuali modelli di privatizzazione dei servizi d'accesso
e distribuzione dell'acqua.
"LE TRE SORELLE" DELL'ACQUA - Il mercato privato
dell'acqua potabile è dominato nel mondo da tre società
europee: le francesi Suez (con la divisione Ondeo) e
Vivendi (ex Compagnie Générale des Eaux),
e la tedesca Rwe (con la divisione Thames Water). Vivendi
e Suez hanno stretti rapporti con il governo francese. Secondo
un' inchiesta di Icij (International Consortium of Investigative
Journalists) in Europa e Nord America nei prossimi 15 anni
il 65-75% degli acquedotti pubblici sarà controllato
da queste tre società, che hanno operato in stretto
contatto con la Banca mondiale e hanno svolto un'intensa opera
di lobby a favore della privatizzazione del settore acqua. Le
società affermano che il controllo degli acquedotti in
mani private alla lunga abbassa i costi per il consumatore
e diminuisce gli sprechi, l'Icij ribatte con il pericolo
di monopolio, l'aumento dei prezzi dell'acqua degli ultimi
tempi (in Italia ne sappiamo qualcosa) e il maggiore divario
tra ricchi e poveri.
Suez è presente in 130 nazioni e serve 115 milioni
di consumatori: il settore acqua nel 2001 ha fruttato circa
9 miliardi di dollari di guadagni. Vivendi ha 110 milioni
di consumatori in oltre cento Paesi: nel 2001 il settore acqua
ha fruttato 12,2 miliardi di dollari. Rwe serve 70 milioni
di persone: guadagno 2001 del settore acqua pari a 1,69 miliardi
di dollari.
DUE
FILOSOFIE - Si scontrano quindi due filosofie che
rispecchiano l'impostazione di forum e controforum. Per i primi
l'acqua deve restare un bene universale e un diritto umano
(come affermato dall'Onu il 29 novembre 2002), ma può
essere "gestita" dai privati. No, ribattono i secondi:
la gestione privata in realtà nasconde il possesso di
una risorsa strategica (l'acqua è stata protagonista
di numerosi conflitti e molti analisti indicano che nel
prossimo futuro lo sarà ancora di più) che deve
restare di proprietà pubblica.
INIZIATIVE
INTERNAZIONALI - Milioni di donne nei Paesi del Terzo
mondo, specialmente le più giovani, sono costrette
ogni giorno a percorre decine di chilometri per assicurare
l'acqua (spesso contaminata) alla propria famiglia. Per questo
motivo non possono andare a scuola e trasportano pesi troppo
grandi per la loro età con due conseguenze: per la loro
salute e, non avendo istruzione, la popolazione femminile resta
sempre la più povera e la più sfruttata. Il forum
di Kyoto e la giornata mondiale dell'acqua del 22 marzo
hanno in evidenza proprio la condizione delle donne rispetto
all'acqua.
Come ha affermato recentemente Michel Camdessus, ex presidente
del Fondo monetario internazionale e ora coordinatore di un
gruppo di esperti finanziari per un progetto Onu e Unesco per
l'acqua (ma sono proprio questi titoli a rendere sospettoso
il controforum di Firenze): "Gli investimenti pubblici
e privati dovrebbero passare da 80 a 180 miliardi di dollari
all'anno se si vuole portare l'acqua a un miliardo di persone
e realizzare infrastrutture per due miliardi di persone. L'acqua
dovrebbe essere pagata come il suolo, il riscaldamento
o i parcheggi: più la zona è ricca e più
si paga. Si tratta di convincere governi e opinioni pubbliche
a praticare una diversa politica tariffaria per limitare gli
sprechi nei Paesi ricchi".
In ultima analisi ritorna la prima domanda: chi paga?