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Nel
dicembre '54 esce
" Un americano a Roma " di Steno Vent'anni dopo, stesso
mese, " C'eravamo tanto amati" di Scola
ERA
DICEMBRE, tutte e due le volte. Cinquant'anni fa, nel 1954,
usciva Un americano a Roma, che espandeva le gesta di
un personaggio inclassificabile, Nando "detto l'americano",
già apparso in un episodio del film Un giorno in pretura
("Americà facce Tarzan!"). Regista un
gentiluomo che si firmava Steno e già aveva fatto
film per e con Totò assieme a Mario Monicelli;
sceneggiatori Continenza, Fulci e il giovanotto
Scola; protagonista un attore che, malgrado i primi due
film di Fellini, nel cinema non aveva ancora sfondato.
Alberto Sordi. Trent' anni fa, 1974, l' ormai celebre
ex ragazzo Scola - fulminato dal cinema una mattina che, andando
a scuola, attraversò piazza Vittorio a Roma e vide De
Sica che dirigeva Ladri di biciclette - portava in
sala C' eravamo tanto amati. La summa della commedia
all' italiana.
Tra
questi due titoli, in questi 20 anni, vive l' avventura del
genere cinematografico italiano per eccellenza. Il solo vero
romanzo popolare dell' Italia del dopoguerra. La storia gloriosa
della commedia all' italiana, che così si chiamò
quando un film intitolato Divorzio all' italiana (1961)
vinse l' Oscar per la sceneggiatura e allora rimbalzò
da noi la definizione: comedy italian style. Chi quei film li
fece non amava teorizzare, definire, proporsi come scuola. Chi
erano? Questa stagione, gli estremi della cui parabola i due
film oggi celebrati contengono anche se ci sono stati un prima
e un dopo, gli annunci come gli strascichi e poi una quantità
di scie e risonanze fino a noi, è stata animata da figure
non riducibili a un unicum ma che tuttavia sono state gruppo.
Una cinquina di assi ne è stata la bandiera: Sordi, Gassman,
Tognazzi, Manfredi, Mastroianni. Qualche attrice (Vitti, Sandrelli,
ma anche Tina Pica e Franca Valeri). Una formazione di scrittori:
Age, Scarpelli, Vincenzoni, De Concini, Flaiano, Suso Cecchi
d'Amico, Benvenuti, De Bernardi, Maccari, Pinelli, Sonego e
altri ancora. E i registi, da Monicelli a Risi, Comencini, Steno,
Lattuada, Loy, Magni, Wertmuller.
E Scola: il più giovane e quello che su di sé
ha riassunto un bagaglio che comprendeva la frequentazione del
giornalismo umoristico e della comicità dialettale, l'
ombra di Fellini e la scuola di Fabrizi o Totò, la temperie
neorealista, quella del boom, il deciso orientamento ideologico
a sinistra.
Un
gruppo che, senza proclami, ha fondato uno spirito. Sferzante,
irriverente, deciso a graffiare. Risultato di una varietà
di contributi e storie. Per molti l' esperienza delle redazioni
satiriche del dopoguerra, il magistero di Metz e Marchesi. Le
fonti d' ispirazione spazieranno da Maupassant alla vicenda
di un Pautasso vittima d' incidente sul lavoro che passa dentro
al film I compagni; e lo stesso clima attraversa film
come Un americano a Roma, Poveri ma belli e I soliti
ignoti, come anche le periferie romane narrate da Pasolini.
Storie che hanno trovato la loro convergenza nell' ereditare
e superare, fondere, la comicità con il radicamento storico
e sociale dei capolavori di De Sica e Rossellini. Per ridere
e far ridere, sì, ma mai dimenticando l' ingiustizia
sociale, i conflitti di classe, la debolezza umana.
Il punto
più alto di questo viaggio è intorno al '60, quando
l' Italia del miracolo economico si riflette tanto in film che,
sullo sfondo dell' atteso rinnovamento del centro sinistra, sdoganano
la "memoria tradita" o sepolta della Grande Guerra,
dell' antifascismo o della Resistenza (Sordi tenente Innocenzi
in Tutti a casa e partigiano Magnozzi in Una vita difficile),
quanto e soprattutto in quelli di presa diretta sull' oggi. Il
vedovo, Il vigile, I mostri, e Il sorpasso
che è il cuore di tutto. Così come Dino Risi, il
suo regista, è colui che meglio ha interpretato la mutazione
antropologica di quegli anni di euforia tanto avida quanto effimera:
incarnata dal suo Bruno Cortona cinicamente ma anche ingenuamente
proteso con la sua spider scattante a divorare la strada, la modernità
e le opportunità della vita. Un insieme di coordinate che,
potete scommetterci, i grandi vecchi Monicelli e Risi sarebbero
riluttanti a classificare come a rivendicarne la gloria, ma che
tutt' oggi costituiscono un enorme patrimonio. L' unico, parliamo
non solo di cinema ma di espressione in generale e di racconto
dell'italianità, condiviso e riconosciuto senza confini
generazionali.
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